🚫 Quando i membri di una comunità si oppongono ad un’opera di interesse pubblico — basata su principi che loro stessi condividono — si parla di sindrome NIMBY (dall’inglese “Not In My Back Yard”: non nel mio cortile). Il termine è stato usato per progetti ritenuti dannosi dalla comunità coinvolta ma dai benefici più o meno ampi per la collettività — strade, centrali nucleari, pale eoliche e discariche ma anche centri di accoglienza per persone rifugiate o hotel per ospitare persone in quarantena da Covid-19.
👉🏼 Le ragioni dei movimenti NIMBY possono essere basate su paure razionali o irrazionali. Talvolta il rischio per la comunità locale è concreto e non è soppesato da un reale guadagno per la collettività (la costruzione di una nuova strada, che genera inquinamento e rumore). Altre volte, invece, il rischio è solo percepito oppure viene posta eccessiva enfasi sulla scala locale: è il caso, per esempio, delle centrali solari, che sì potrebbero danneggiare il panorama ma al contempo hanno un innegabile impatto positivo sull’ambiente.
📍 In questo post ripercorriamo alcuni esempi attuali di NIMBY legati al settore dell’energia: dai parchi eolici offshore passando per le centrali geotermiche e il termovalorizzatore di Roma. E arriviamo al paradosso della sindrome NIMBY: se tutti si opponessero, un’opera o iniziativa indispensabile per la collettività non vedrebbe mai la luce.
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